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L’udito nei neonati

Prima ancora di venire al mondo, il bambino è in grado di sentire: i ricercatori sono ora concordi nell’affermare che percepisce dei suoni tra il quinto e l’ottavo mese. Da qui a consideralo un raffinato melomane, il passo è breve…

Lo sviluppo dell'udito
© Getty Images

Al settimo mese dello sviluppo uterino il feto sente i suoni e i rumori, rispondendo con dei movimenti agli stimoli sonori esterni se questi sono sufficientemente intensi da coprire i rumori correlati alle attività cardiovascolari e digestive della mamma.

La memoria dell’udito nei bambini

All’inizio le sensazioni uditive sono trasmesse unicamente attraverso la via di conduzione ossea, perché i condotti uditivi sono ostruiti dal cerume, e pare che questi rumori vengano registrati dalla memoria del bambino. Durante gli ultimi sei mesi di gravidanza alcune future mamme hanno letto ad alta voce una fiaba ai loro bambini, più volte al giorno.

Dopo la nascita i piccoli ascoltatori hanno manifestato una netta preferenza per questo testo, anche se letto da un’altra lettrice diversa dalla mamma. Esperienze simili hanno utilizzato letture, canzoni o musiche diverse. Jean Feijoo ha evidenziato l’influsso dei suoni sul feto  a partire dal 5° mese di gravidanza (utilizzando l’opera Pierino e il lupo di Prokof’ev, in cui il fagotto simboleggia il nonno e le cui note hanno una frequenza inferiore ai 1000 hertz). Oltre a confermare l’esistenza dell’udito prenatale, queste esperienze dimostrano che il nascituro possiede delle capacità mnemoniche stupefacenti: secondo alcuni ricercatori, il feto inizia l’apprendimento della parola a partire dal settimo mese della vita intrauterina.

Gli stimoli sonori per il bambino

A partire dalla nascita il bambino identifica la presenza di oggetti sonori, gira la testa e gli occhi in quella direzione ed è in grado di distinguere alcune delle loro proprietà: è infatti molto sensibile alle caratteristiche ritmiche e melodiche delle sequenze sonore, ed è più stimolato dai suoni gravi rispetto a quelli acuti.

Secondo gli studiosi Anthony Decasper e William Fifer, i neonati con meno di tre giorni distinguono la voce della loro mamma da una voce femminile sconosciuta, mentre secondo Jacques Mehler riconoscono la voce della mamma alla fine del 1° mese; per Karl White, infine, la capacità di individuare la voce della mamma tra quelle di altre donne sopraggiunge solo verso i 4 o 5 mesi. La maggior parte dei bambini sentono “meglio” quando sono tranquilli, svegli, e quando non piangono e non poppano.

In caso di rumore il neonato sbatte le palpebre, piange, presenta il “riflesso di Moro”*, sospende la respirazione e smette di poppare, ecc. Se viene agitato un oggetto sonoro nell’oscurità, il neonato punta la manina in quella direzione; questo comportamento scompare nel giro di qualche mese. Sembra che all’inizio la vista sia secondaria, poiché tra due stimoli, uno visivo e l’altro sonoro, il bambino si gira verso il secondo, mentre verso i 9 mesi accade il contrario.

A partire da 3-4 mesi il neonato gira la testa verso la fonte del rumore; a 32 settimane risponde quando viene chiamato per nome; a 36 settimane imita i suoni prodotti dalla mamma, mentre il bambino di 9-12 mesi capisce il senso di molte parole. In caso di dubbio, l’udito del neonato può essere verificato clinicamente attraverso la ricerca di otoemissioni acustiche, e se necessario è possibile effettuare un elettroencefalogramma (EEG), un’elettromiografia (EMG) o un elettrococleografia (ECoChG).

* Se il pediatra prende il neonato con le mani, lo solleva leggermente dal piano del letto e poi lo rilascia bruscamente, il piccolo estende le braccia (abduzione) aprendo le mani, grida e poi fa il gesto di abbracciare chiudendo le braccia: è il riflesso di Moro, che può essere indotto anche tirando bruscamente i piedi o provocando un rumore improvviso.

I neonati amano la musica

Secondo gli psicologi dell’Università del Wisconsin (Stati Uniti), li bambini hanno tutti “l’orecchio assoluto”. Cambiando leggermente una sequenza musicale, i ricercatori hanno potuto constatare che non notano la differenza, mentre i neonati ci riescono: secondo la Professoressa Jenny Saffran, responsabile dello studio, questa facoltà permette al bambino di riuscire nell’incredibile impresa di apprendere il linguaggio, a differenza di altre specie animali. Crescendo, questa facoltà viene perduta, probabilmente perché non serve alla vita quotidiana, e si ritiene che solo le persone che la tengono allenata studiando fin da piccoli la musica o una lingua musicalmente ricca riescano a conservarla.

Alain Sousa

Fonte: Tools Human Infants Might use to learn language, communication, Annual Meeting & Science Innovation Exhibition, American Association for the Advancement of Science (Strumenti a disposizione dei bambini per l’apprendimento del linguaggio e della comunicazione)

Dottor Lyonel Rossant

Dottoressa Jacqueline Rossant-Lumbroso

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